«Wine o’ clock: 5 domande&un calice»
Ci siamo: tira quasi aria di Primavera ed è tempo di riprenderci brio, grinta e spazi all’aperto. A piazza del Popolo, nella Capitale, incontro Maria Dragoni ed è subito sole ed energia.
Caustica e virtuosa, moderna e autoironica, bionda e ottimista, procidana e romana, la Dragoni è una delle più grandi cantanti d’opera contemporanee, squisitamente avulsa dallo star system internazionale.
Ciao Maria,
Benvenuta in Wine&TheCity! Subito un brindisi al nostro reincontro col tuo calice di vino preferito: tipo o etichetta?
Ti chiedo di stappare un “Rocco Rosso”, Montepulciano d’Abruzzo prodotto da Cantine Castorani in collaborazione con l’attore Rocco Siffredi!
Milano, Venezia, Napoli, Palermo, Roma, Firenze, Londra, Vienna, Parigi, San Pietroburgo, New York, Tokyo: hai girato per anni nei principali teatri del mondo collaborando coi maggiori direttori e con registi di prestigio, coreografi e costumisti come Riccardo Muti, Liliana Cavani, Lorin Maazel, Roberto De Simone, Carlo Maria Giulini, Pier Luigi Pizzi, Zubin Mehta, Dante Ferretti, Gabriella Pescucci, Enrico Stinchelli. Dove e con chi hai avuto riconoscimento e consapevolezza maggiori del tuo livello professionale e talento artistico?
A Frosinone, da subito, con la mia prima maestra spagnola Maria Alòs, la quale mi consigliò di dedicarmi solo allo studio del canto lirico paragonando la mia voce a quella di Renata Tebaldi: lo disse così convinta che m’impegnai da subito con serietà. Pochi anni dopo ho incontrato la Duchessa Melina Pignatelli della Leonessa a Napoli, dove mi sono trasferita per molto tempo: devo a lei la mia formazione artistica e professionale. È grazie a lei che ho forgiato stile e tecnica belcantista, acquisiti alla grande scuola di Rachele Maragliano Mori. Spesso mi ospitava nel suo meraviglioso Castello di San Martino nella Valle Caudina e, ricordo, mi lasciava indossare i suoi lussuosi abiti da sera per i concorsi…Un grande traguardo e riconoscimento è arrivato nel 1983 a Roma col primo premio del Concorso Callas Rai in Eurovisione: la presidente Giulietta Simionato, collega e amica della Callas, mi fece capire che potevo iniziare una grande carriera da solista. E poi il sodalizio professionale col Maestro Riccardo Muti e ancora un critico eminente come Enrico Stinchelli. Ma principalmente è il pubblico che come sempre decreta il successo di un artista.
Dai primi esordi lirici nel ’77 e il Premio Maria Callas nell’83 durante la tua poderosa carriera da soprano hai attraversato autori e personaggi che ti hanno segnata e forgiata: Amina della Sonnambula o Norma e Adalgisa di Bellini, Lucia di Lammermoor o Anna Bolena di Donizetti, Santuzza nella Cavalleria Rusticana di Mascagni, Floria Tosca e la Turandot di Puccini, Semiramide di Rossini, Violetta nella Traviata o Lady Macbeth e Leonora nel Trovatore di Verdi, per citarne solamente alcuni. Quale delle tue numerose interpretazioni ti appartiene più emotivamente e perché?
Il ruolo che più sento è senz’altro quello di Norma del Bellini, che è divenuto il mio cavallo di battaglia: l’ho eseguita in molti importanti Teatri nel mondo, inaugurando anche L’Arena di Verona nel 1994 e ne ho eseguito centinaia di recite. Mi appartiene per il carattere forte e nel contempo umano, capace di perdono, con un grande senso materno. Dopotutto Bellini era un giovane siciliano: lo sento da sempre molto vicino a me che sono di Procida, che per me è una piccola Sicilia.
Nella tua recentissima biografia “La Sirena di Procida” di Alice Mechelli (luglio 2021, Pegasus Edition) leggiamo: «nella vita la capacità di trasformare anche il dolore in Arte mi ha aiutato tantissimo: l’Arte sublima la realtà». Quanto o come l’artista può separare il palcoscenico dal quotidiano?
La Simionato mi raccomandò da subito di separare sempre la vita del palcoscenico. Tuttavia per me non è mai stato così: ho sempre portato molto di me nei personaggi che interpretavo e parimenti portavo a casa tutte le emozioni che vivevo in scena. Ecco perché per me come per molti Campani la vita e il palcoscenico sono esattamente la stessa cosa, lo stesso luogo.
Momento “rotocalco”: ci racconti le tue ultime foto col maestro Bocelli?
Conosco Andrea Bocelli da più di vent’anni e spesso mi ha invitata a casa sua. A parte il grande artista, è una persona meravigliosa ed è venuto a trovarmi alla Villa Bertelli di Forte dei Marmi, dove poco tempo fa sono stata per presentare il mio libro. È andata che s’è messo subito al pianoforte per accompagnarmi in una delle arie più belle di Giacomo Puccini “O mio babbino caro” e così in quel contesto ci hanno scattato un po’ di foto. Tra di noi esiste molto affetto e stima.
Con quale pietanza ami degustare un calice di Rocco Rosso, l’IGT delle colline pesaresi di Cantine Castorani?
Amo assaporarlo in molti modi, sia come aperitivo con formaggi e salumi, sia con un primo come i fusilli alla Norma …manco a dirlo, ma anche con carni rosse alla brace: ha un aroma e un sapore intensi come le uve e le terre da cui proviene.