Abbiamo incontrato Julian Reneaud wine maker visionario di Colline Albelle e degustato i suoi vini. Qui il racconto di Donatella Bernabò Silorata.
Nella Toscana dell’Alta Maremma, nella Val di Cecina, Riparbella è un piccolo borgo di origine medioevale. Il Mar Tirreno è a circa dieci chilometri, la campagna è verde di olivi, vigneti e boschi. Un territorio poco antropizzato e dalla natura ancora intatta. Accoccolata tra queste colline, dai suoli prevalentemente tufacei e sabbiosi, c’è Colline Albelle, l’azienda vinicola di Julian Reneaud, Dilyana Vasileva e Irena Gergova. Un progetto che nasce nel 2018 per una fascinazione improvvisa per questo angolo di Toscana, recondito e autentico, ma soprattutto ad alto potenziale enologico.
Sangiovese, Ciliegiolo, Merlot, Vermentino e Canaiolo Bianco sono i vitigni autoctoni su cui ha puntato Julian Reneaud, agronomo ed enologo, per comporre nel tempo una gamma di vini accurati, emozionanti e autentici. La sua storia è intrigante. Trentacinque anni, originario di Carcassone, Julian prima di approdare in Toscana ha girato il mondo, ma nel vero senso della parola. <<Avevo 21 anni e avevo finito gli studi, così decisi di partire con un’idea ben precisa: fare il giro del mondo senza mai prendere un aereo. Ho viaggiato in autostop e su navi cargo. Da Carcasson a Bordeau, poi Cuba, Messico e California dove ho fatto la mia prima vendemmia>>. Ed ancora Australia e Nuova Zelanda.
Dilyana Vasileva e Irena Gergova dal canto loro sono donne sensibili, coraggiose e visionarie. In Bulgaria sono già appassionate produttrici di vino, insieme ai loro mariti, sia nella valle dello Struma che sulla costa del Mar Nero. L’amore per Riparbella è stato un colpo di fulmine. Galeotta fu una vacanza in toscana nel 2016.
Colline Albelle prende forma nel 2018.
<<La bellezza è la nostra stella polare. Il cielo e il paesaggio di Riparbella ci hanno incantato come un quadro rinascimentale mentre l’assaggio dei vini che qui prendono forma ci ha fatto capire il grandissimo potenziale del territorio. Siamo felici oggi di esserne parte e speriamo che i vini di Colline Albelle possano aggiungere una loro nota personale alla qualità che già contraddistingue tutta la zona>>, dicono i tre soci.
Il progetto di Colline Albelle si ispira a un’enologia il più possibile naturale, biologica e biodinamica dal 2023. Gli ulivi e i 20 ettari di vigneti dell’azienda sono circondati da boschi con una biodiversità straordinaria e un apiario di circa 50 arnie. I primi due anni sono stati impegnati nella pulizia e preparazione dei terreni, la prima vendemmia è arrivata nel 2020, rigorosamente manuale, e a seguire la prima tiratura limitata di vini. Solo vini in purezza, ogni vitigno per una particella di terreno.
Un ettaro e mezzo è dedicato al Vermentino da cui nasce Inbianco, espressione delicata del terroir, minerale e floreale. Le uve vengono raccolte appena mature, a metà agosto e non a settembre, per ottenere una gradazione alcolica leggera (10% vol.) e una beva fragrante. Sono vinificate in acciaio prima di passare 6 mesi in barriques non tostate, ma piegate a vapore, per non alterare la trama aromatica. Solo 3300 bottiglie, tutte numerate.
Inrosso è invece un Merlot dinamico, croccante, verticale. Gran lavoro in vigna (3 ettari) sulle potature e 18 mesi di barrique. Si presenta con un bouquet delicato, una ricercata freschezza e una bella spalla acida sul palato che – insieme – sottolineano una struttura tannica fitta completata da aromi di frutti rossi, ciliegia e fragoline.
Serto è il Sangiovese di Colline Albelle, espressione più classica della Toscana, a cui sono dedicati 8 ettari di vigna. Con un affinamento di 30 mesi in barriques e 6 mesi in bottiglia, punta a ottenere una struttura tannica setosa.
Ad oggi l’azienda produce 35mila bottiglie, ma l’obiettivo e anche il potenziale è di 100mila bottiglie in un anno. Il primo mercato di riferimento sono Svizzera e Stati Uniti, ma tutto il progetto è in divenire.
Colline Albelle è un piccolo mondo a parte. La sostenibilità è valore imprescindibile e bussola per ogni attività. Tutto il parco aziendale è votato alla sostenibilità. I boschi per esempio sono custoditi secondo la filosofia di Miyawaki volta a ripristinare una fitta biodiversità, e il futuro orto della casa padronale, seguirà i principi della permacultura. Dalla vigna alla bottiglia, tutti i materiali che entrano nel mondo Colline Albelle sono selezionati seguendo criteri di basso impatto ambientale, come per esempio la scelta di capsule con base vegetale. La novità di quest’anno è infine il progetto di ospitalità: un grande casolare, Villa Albella, con 5 camere, ciascuna con il proprio bagno, gestita dallo chef Roberto de Franco, calabrese di origine ma anche lui molto internazionale, con esperienze in Italia, Parigi, Shanghai, Hong Kong e Singapore. Accoglienza raffinata ed esperienze in vigna.
Giornalista freelance dal 1998, per circa vent’anni ha scritto per le testate del gruppo Espresso La Repubblica e firmato articoli per i principali editori nazionali. Nel 2008 ha ideato Wine&TheCity, di cui è direttore creativo. Nel tempo libero continua a scrivere di viaggi, luoghi e storie singolari per Dove, Donna Moderna e altre testate.