La sua prima volta in Italia è stata al Quisisana di Capri con Gualtiero Marchesi e sull’isola azzurra è poi rimasto un bel po’.
È stato l’Olivo del Capri Palace, ai tempi d’oro di Tonino Cacace, a consacrarlo nell’Olimpo della cucina italiana e internazionale. Dopo anni trascorsi tra Roma e l’Umbria, lo chef di Düsseldorf è tornato in Campania. Dal 10 aprile sarà a Paestum al comando del Tre Olivi, il ristorante del Savoy del gruppo Pagano. All’esordio di questa sua nuova e importante avventura, lo abbiamo incontrato per le nostre “7 domande allo chef”.
Il tuo comfort food
Decisamente pasta e patate. È un piatto che amo mangiare e cucinare, la preparo anche quando non ho niente a casa in dispensa e finisco sempre per trovare in frigoqualcosa con cui arricchirla.
L’ingrediente che secondo te si imporrà nel 2024?
Più che un ingrediente specifico, sicuramente il 2024 è l’anno della riscoperta del vegetale, in particolare del vegetale di prossimità, delle verdure locali – a volte anche spontanee – per tanto tempo sottovalutate. Un’attenzione che si traduce anche in maggiore cultura e consapevolezza delle infinite possibilità della cucina green, ad oggi poco considerata nella ristorazione fine dining.
Il tuo piatto evergreen in carta
Sicuramente “Eliche cacio e pepe con ricci di mare”, un piatto che, pur essendo nato più di dieci anni fa, continua ad essere fortemente richiesto e quindi continua ad accompagnarmi nel mio percorso. Nasce nel 2011 a Roma, quando volevo portare i sapori capresi nella Città Eterna e al tempo stesso contaminarli con qualcosa che parlasse romano. In più, ho pensato ad un tocco dalla mia Germania, e da qui l’idea di aggiungere l’aneto per conferire una nota di freschezza.
Cosa non mangiavi da piccolo
In realtà da bambino mangiavo di tutto e chiedevo a mia madre di provare qualsiasi cosa stesse preparando. Mi hanno sempre incuriosito le esperienze legate alla cucina e le infinite combinazioni di gusto che possono nascere a volte anche casualmente. Oggi invece non amo mangiare il riso, tuttavia amo cucinare i risotti perché mi danno soddisfazione, adoro osservare come modificando pochi, semplici ingredienti posso cambiarne totalmente il gusto.
Cucine del mondo, quale?
Sicuramente italiana e giapponese, così diverse eppure con tanti aspetti in comune. Sia in Italia che in Giappone, infatti, c’è una cultura importantissima legata al mangiare bene e c’è molto rispetto per la materia prima. In particolare, il legame con la natura è un tratto distintivo della cucina nipponica. I giapponesi seguono una stagionalità anche nella pesca e c’è molta attenzione alla pesca sostenibile, un approccio che consente di rispettare l’ecosistema marino, proteggerne la biodiversità e lasciare in mare abbastanza pesci da permettere alla specie di riprodursi. Onestamente, in Giappone ho sempre mangiato molto bene, dallo street food a basso costo fino al ristorante dine dining, ho sempre avuto esperienze molto positive.
A cena con amici, cosa prepari?
Di tutto! Antipasto, primo, secondo…mi piace cucinare bene per gli altri, per me non è solo un lavoro, è un piacere; quindi, anche a casa con gli amici cucinare mi rilassa e mi diverte. Di contro quando devo cucinare per me mi annoio, finisco sempre per mangiare qualcosa di veloce e neanche mi avvicino ai fornelli, mi accontento di una fetta di pane con qualche insaccato…
Il tuo indirizzo food preferito
“Masaki Saito”, l’unico ristorante due stelle Michelin del Canada, di proprietà di un caro amico giapponese con cui abbiamo organizzato diversi eventi charity. Masaki Saito prima di diventare chef ha studiato anche da biologo marino per cui ha veramente una grande conoscenza dei prodotti ittici e trovo pazzesca la sua cucina, capace di unire semplicità e complessità in piatti che parlano di tradizione senza risultare mai banali.
Leggi QUI l’intervista di Licia Granello allo chef Oliver Glowing