C’era una volta un adolescente della provincia beneventana.
Mamma ingegnere e padre agricoltore, liceo scientifico condotto in brillantezza e un futuro apparecchiato nell’Ingegneria informatica. In estate, il lavoro in campagna era scuola di vita. Archiviata l’esperienza da novello contadino, il ragazzo preferì proporsi nei locali della zona come temporaneo cameriere, un po’ per rendersi indipendente, un po’ per rubare i segreti della cucina, sua grande passione dall’infanzia. Tanto grande da fargli accantonare la tesi a un passo dalla laurea. La storia di Giuseppe Iannotti chef comincia qui. Un nastro che si dipana voluttuoso tra le due stelle Michelin al ristorante di Telese Terme, le consulenze – poche ma necessarie – che lo rimbalzano in giro per l’Italia, e l’avventura appena cominciata alle Gallerie d’Italia di Napoli.
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Non è un tipo semplice, Iannotti. Un solido impianto familiare e il gratificante percorso scolastico gli hanno garantito una bella sicurezza di sé, incrementata dall’aver avuto cento mentori e nemmeno un padre putativo. Libero dai vincoli della gratitudine coatta, il ragazzo, oggi quarantenne, ha affinato il suo pensiero gastronomico ai fornelli dell’alta ristorazione mondiale, dal Giappone alla Spagna – con un debole dichiarato per i fratelli Roca – passando per la Chicago di Grant Achatz. Al Krèsios (uno dei nomi di Bacco) si mangia benissimo, in un up&down di consistenze, gusti, colori capaci di emozionare cuore e palato e far star bene lo stomaco, che non esce oberato dal ricco percorso di degustazione.
Merito di materie prime di primissima scelta, mai iper-processate. Fatto non scontato nella ristorazione di ultima generazione, dove spesso prevale l’ansia di stupire. E bravo bravissimo è il giovane Alfredo Buonanno, maître sommelier che sa far divertire, alternando vini mai banali a non-alcol curiosi, dai super succhi di frutta austriaci alla kombucha home made.
Il work in progress alle Gallerie d’Italia è figlio di questa realtà allo stesso tempo leggera e ben ancorata al territorio. Perché ancora una volta il fil rouge è quello della qualità “a km buono”, e non necessariamente zero. Provare per credere i croissant e i maritozzi che al mattino deliziano i visitatori del museo (imperdibile la mostra di Artemisia Gentileschi, in programma fino al 19 marzo), così come i piatti della tradizione (e non) interpretati in maniera eccellente, fruibili durante l’intera giornata.
Il tutto, in attesa dell’apertura primaverile del fine dining – una manciata di tavoli posizionati come in una galleria museale – e del lounge bar con piatti e cocktails fino alle due di notte. A supporto, due terrazze magnifiche, affacciate su mare e certosa. Neo-padre per la terza volta, una compagna anestesista ospedaliera e una passione dichiarata per Quentin Tarantino (il menù del Krèsios è dedicato a uno dei protagonisti de “Le iene”), Giuseppe Iannotti ha ben chiaro la portata della sfida: declinare l’anima del Krèsios in versione metropolitana dentro il palazzo di Intesa San Paolo.
Del resto, portare nel cuore di Napoli il meglio della ristorazione e dell’hotellerie è vitale per incrementare il valore di un’offerta turistica ancora in cerca di autori. Non sarà facile, ma vale la pena provarci. Buona fortuna.
Licia Granello è torinese di nascita e napoletana per scelta di vita. Scrive libri e tifa Toro. Su Repubblica ha scritto a lungo di calcio e di cibo. Oggi collabora con Grande Cucina, Vanity Fair e Wine&TheCity