Se la campagna di Anacapri fosse un quadro, sarebbe lieve e romantica come un acquerello.
Almeno, così l’ha immortalata la matita leggiadra, poetica, eppure rigorosa di Simonetta Capecchi, architetta bolognese trapiantata a Napoli, capace di raccontare con un florilegio di immagini e le parole necessarie la rinascita dell’olivocoltura a pochi centimetri di mappa da Piazzetta e Grotta Azzurra.
Il libro, presentato la scorsa settimana a Terra Madre Torino e in uscita nei prossimi giorni, è un vero e proprio taccuino di viaggio, con tanto di copertina rigida, sfoglio a taglio orizzontale ed elastico trattieni-pagine: l’intero ciclo vegetativo – nella realtà praticamente due – osservato e annotato passo dopo passo, ritraendo i riflessi verde argentato delle foglie e la potatura dei rami, le cassette ridondanti di olive e la cura di tronchi e radici. Perché nessuno deve illudersi: fare l’olio – e farlo bene – è poetico, ma anche assai faticoso.
Sono trascorsi dieci anni da quando l’industriale mecenate Gianfranco D’Amato decise di fare pace con il paesaggio della sua isola del cuore, guastato da uno sviluppo troppo spesso pensato male e realizzato peggio. In particolare, l’olivocoltura, storicamente parte della quotidianità anacaprese, portata avanti con profitto fino all’avvento del boom economico, a un certo punto si arrese ai nuovi comandamenti del marketing turistico, che suonava più o meno così: meno agricoltura, più alberghi. Risultato: l’abbandono della cura agricola, con la produzione olearia ridotta a pratica famigliare, funzionale a soddisfare i propri bisogni alimentari, mentre gli olivi venivano letteralmente ingoiati dalla macchia mediterranea.
Ci sono voluti anni di lavoro amorevole, tra recupero degli oliveti storici e piantumazione dei nuovi, per trasformare il sogno di D’Amato in realtà e dare sostanza al progetto. Oggi, l’associazione L’Oro di Capri custodisce il lavoro di quasi sessanta produttori, a fronte di cinquanta ettari di oliveti, sotto l’egida del paesaggista Carlo Alessandro Lelj Garolla e dell’agronomo Angelo Loconte.
Il disciplinare prevede l’utilizzo di soli metodi biologici e il panel di assaggio che promuove gli extravergini meritevoli del logo L’Oro di Capri è tra i più severi in circolazione. In quanto alla tutela del paesaggio, le chiome di olivi plurisecolari e giovani piante, il ripristino dei muretti a secco, le pratiche agricole tradizionali, la costruzione di una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana e la rigenerazione della biodiversità si traducono in panorami salubri e incantati, che spaziano lungo tutto il versante nord-ovest, da Orrico al Faro di Punta Carena, passando per il Sentiero dei Fortini.
Se volete toccare con mano la nuova magìa anacaprese, segnate in agenda l’appuntamento annuale con la Camminata tra gli Olivi, in programma il prossimo 27 ottobre. Quattro km di passeggiata tocca-cuore contrappuntati dalle spiegazioni degli agronomi e dai disegni in presa di diretta di Simonetta Capecchi, con degustazione finale del nuovo olio. Vi scorderete perfino i Faraglioni.
Licia Granello è torinese di nascita e napoletana per scelta di vita. Scrive libri e tifa Toro. Su Repubblica ha scritto a lungo di calcio e di cibo. Oggi collabora con Grande Cucina, Vanity Fair e Wine&TheCity