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Identitas, la selezione Oro di Cantina Solopaca

solopaca bottiglie

Un luogo comune nel mondo del vino è che il termine di “cantina sociale” identifichi una produzione rivolta al volume, ai grandi numeri, piuttosto che alla ricerca di un discorso qualitativo distintivo.

Il vero intento dei produttori che si consociano è piuttosto da ricercarsi nella protezione del lavoro di un’intera comunità unito alla creazione di una voce unitaria del territorio. Nel Sannio vive un chiaro esempio di questa realtà, la rinomata Cantina di Solopaca, nata nel 1966 ad opera di un pugno di viticoltori innamorati della propria attività, intenzionati a lavorare in una propria struttura il frutto dei vigneti senza destinare la produzione alle richieste delle aziende del napoletano. Dopo oltre mezzo secolo conta oggi oltre 600 soci, una superfice coltivata che supera i 1100 ettari e un nuovo progetto che guarda al futuro sotto la guida del suo presidente Carmine Coletta. La storia di questo tipo di cantine è un mosaico, complesso e sfumato, composto dalle storie di chi ha contribuito a crearlo, ad evolverlo.

Oggi il progetto che segna il nuovo corso aziendale, presentato ufficialmente dal giornalista e scrittore enogastronomico Luciano Pignataro nell’impareggiabile struttura di Palazzo Petrucci, prende il nome di Identitas, una selezione Oro di vini nuovi. La nuova strada enologica, affidata alle abili mani di Vincenzo Mercurio, in collaborazione con l’enologo aziendale Raffaele Di Marco, è partita nel 2019 attraverso un’attenta mappatura delle vigne allo scopo di realizzare una precisa identificazione territoriale, per realizzare una vinificazione su criteri di omogeneità tra le uve.

solopaca degustazione

Alla stregua della ricerca della purezza emerge anche lo studio dei lieviti territoriali, essenziali nell’innescamento della fermentazione, al fine di rendere la produzione del vino ulteriormente legata alla zona d’appartenenza. L’emersione di tali peculiarità non ha lo scopo di dividere, identificando singole eccellenze, ma piuttosto di esaltare una voce nel calice che faccia da apripista ad un discorso corale, ampio e piacevolmente complesso.

Un progetto è non solo vinicolo ma sfocia anche in sfumature culturali ed antropologiche essendo vivamente legato al concetto di identità territoriale nelle parole dell’enologo.Le etichette prodotte in questa linea top saranno 6 dedicate alla vinificazione in purezza dei principali vitigni quali l’indiscussa protagonista bianca del Sannio, ovvero la Falanghina insieme a Fiano, Greco, Aglianico e non ultimo la Camaiola, conosciuta fino a ieri come Barbera del Sannio e che oggi, grazie anche alla competente e devota opera di Pasquale Carlo, prende un nome che la slega da equivoci e identifica anch’essa come strettamente legata ai luoghi di produzione. Appendice alla presentazione è stato il nuovo progetto speciale della Cantina di Solopaca, una realtà di conduzione in biologico, tra vigneti di Aglianico e Falanghina, rappresentata da Viticoltori San Martino che si identifica nella compagine dei soci operanti nell’areale del Taburno. Nella sequenza delle etichette lo sguardo ripercorre una linea dorata che ricurva su sé stessa, irregolare come le emozioni: è il percorso del fiume Calore nell’attraversare i territori della nuova degustazione offerta dall’azienda. Ad un certo punto lo sguardo va oltre la linea, che si interrompe, e quello è il momento in cui termina l’assaggio e inizia un viaggio nel nuovo percorso del Solopaca. Buon Calice.

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