E’ il momento dei numeri. Una moltitudine di stelle, sotto il cielo della gastronomia italiana: ben 385, un record assoluto che ci avvicina un pezzetto in più – senza impensierirla, per carità – alla Francia, terra-madre della guida gourmand più importante del mondo.
Sono tanti, i locali monostellati – 335 – e 38 quelli bistellati. Domina la scena una dozzina esatta di ristoranti consegnati all’Empireo, ultimo dei quali – fresco di nomina – Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo. I rumors di inizio giornata erano stati tutti o quasi direzionati verso nord ovest, in quel di Arona. L’attesa del terzo macaron era entrata a far parte della routine del mese pre-Michelin a casa Cannavacciuolo. “Ci pensavo fin dal primo giorno in cui ho messo piede a Villa Crespi” – ha ammesso emozionato. Nel frattempo, sono passati 23 anni, Cannavacciuolo ha ampliato la geografia dei suoi locali a partire da Torino e Novara, e soprattutto è diventato un personaggio televisivo.
La televisione è una strana bestia che si fa accarezzare volentieri ma può anche morderti malamente. Il cuocone-simbolo di Masterchef ha saputo addomesticarla con furba sapienza. Da una parte, guadagnandosi la simpatia e l’affetto dei telespettatori, che spesso si trasformano in clienti pronti all’esperienza gastronomica dell’anno: a Villa Crespi, si contano sulle dita di una mano sola i clienti che lasciano il locale senza la foto di rito… Dall’altra parte, evitando di trasformarsi in un tv-chef: il che significa presenza assidua a Villa Crespi, frequenti incursioni nei vari spin-off, rapporti costanti e amichevoli con gli addetti ai lavori, formazione attenta dei collaboratori. Non è un caso che nel giorno del trionfo, la Michelin premi con il suo primo macaron il Laqua Vineyard di Terricciola, nella campagna pisana, dove ai fornelli c’è uno dei suoi allievi, Marco Suriano. Come suoi allievi sono gli chef che guidano gli altri locali stellati di Cannavacciuolo: i bistrot di Novara (con Francesco Manicone) e di Torino (chef Emin Haziri). E ancora il Laqua Countryside a Ticciano – paese natale di Tonino – con l’executive Nicola Somma. Un totale di sette stelle che inorgoglisce.
Alle spalle di Cannavacciuolo e dei suoi undici colleghi tristellati si sono arrampicati quattro nuovi ristoranti, benedetti dalla seconda stella e guidati da altrettanto cuochi, tutti sotto i trentacinque anni. Sono le famose nuove leve, ragazzi cresciuti all’ombra dei loro grandi mentori e oggi capaci di camminare – e molto bene! – sulle loro gambe. Tra loro, Salvatore Iuliano, calabrese approdato diciottenne al Pont de Ferr di Maida Mercuri a Milano – “Piangevo tutte le sere, mi mancava casa mia”, ha raccontato – è diventato l’executive di Heinz Beck al St. George di Taormina. E Gabriele Boffa, cresciuto ai fornelli di Guido Alciati ed Enrico Crippa, oggi è la longa mano di Enrico Bartolini alla Locanda del Sant’Uffizio di Penango, nell’Astigiano.
Bravi, giovani, motivati. L’unico, fastidioso inciampo in tanta beatitudine gastronomica riguarda l’assenza totale di donne alla guida delle brigate premiate. Anche quest’anno tra i nuovi stellati c’è una sola chef donna, Sara Scarsella (ristorante Sintesi di Ariccia), per altro in coabitazione con Matteo Compagnucci. Forse – visto la cronica mancanza di personale – bisognerà rivedere modi e tempi del lavoro di cucina. Perché rompere il tetto di cristallo della gastronomia è necessario. E non dovrebbe nemmeno essere così difficile, se è vero che per anni a guidare la pattuglia dei tristellati italiani sono state Annie Feolde, Nadia Santini e Luisa Valazza. Occorre andare avanti, non retrocedere. Il passo del gambero lasciamolo ai crostacei.
Fonte foto IG @michelinguide
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Licia Granello è torinese di nascita e napoletana per scelta di vita. Scrive libri e tifa Toro. Su Repubblica ha scritto a lungo di calcio e di cibo. Oggi collabora con Grande Cucina, Vanity Fair e Wine&TheCity