Quattro annate di Fiorduva raccontate e degustate insieme ad Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo.
È successo qualche sera fa, alla Locanda del Testardo a Baia, l’osteria atipica di Luca Esposito, ma di cui restano ancora vibrazioni e sentori. Una serata per soli 30 ospiti, quasi un incontro carbonaro, per pochi cultori del mitico bianco di Furore, vessillo indiscusso della viticoltura eroica della Costa d’Amalfi. Quattro annate: 2023, 2019, 2018, 2017, esaltate dalla cucina di mare contemporanea e creativa di Luca Esposito, ma soprattutto narrate da Andrea Ferraioli con una passione smisurata che il tempo e la fatica contadina di queste “vigne spericolate” non hanno smorzato.

Degustare Fiorduva ascoltando chi da anni lo produce con la medesima tenacia e visione non ha prezzo. Quattro annate danno poi il respiro del tempo di questo vino che proprio quest’anno compie 30 anni. Tutto nasce infatti nel 1995, quando Andrea e Marisa, con la consulenza enologica di Luigi Moio, decidono finalmente di imbottigliare, dopo qualche anno di sperimentazione, un blend di uve locali Ripoli, Fenile e Ginestra. Nello stesso anno viene riconosciuta la Doc Costa d’Amalfi. Ebbene, chi lo avrebbe detto che quel vino da uve misconosciute sarebbe diventato uno dei bianchi più importanti e premiati d’Italia, apprezzato a livello internazionale. Nel 2006 il Fiorduva vince l’Oscar del vino come miglior bianco d’Italia. E poi giù a cascata Tre bicchieri del Gambero Rosso, Cinque Grappoli dell’Ais, Medaglia d’oro al Concorso Femmes et Vins du Monde in Francia; Best of Class Award Limited Production negli USA.

Un vino raro ed eroico, poche bottiglie ogni anno da uve coltivate a pergola tra i 200 e i 550 metri di quota. Grappoli molto piccoli e rese molto basse, raccolta manuale e tre distinte vinificazioni, quindi tre mesi di barrique di rovere e solo alla fine i tre vini vengono assemblati. Il risultato è un bianco dal colore oro dal sorso pieno, elegante e di sicura longevità. Non sono una sommelier e non azzardo analisi olfattive o gustative delle quattro annate bevute, ma esprimo la mia preferenza per il Fiorduva 2019, morbido al palato, armonico, di giusta struttura e di un bel giallo oro nel bicchiere.

Perfetto anche l’abbinamento con il mantecato di baccalà, fresella nera e scarulella. Luca Esposito ha accompagnato la verticale con un’infilata di piatti di grande carattere, tra gli altri il barracuda croccante alla carbonara, e gli spaghetti spezzati, cavolo, cannelli e pane dei poveri.

L’azienda Marisa Cuomo è una storia di famiglia, storia di partigiani, di una giovane donna di madre balcanica che un giorno, nel 1980, sposa un vignaiolo fiero e visionario della costiera amalfitana. E riceve in dono, come regalo di nozze, una vigna. Sì, proprio una vigna, ma tra la roccia impervia e il mare: viti, quasi centenarie e franche di piede, allevate a pergola su terrazzamenti da vertigine. Più di un gioiello. Visitare l’azienda Marisa Cuomo è una esperienza da fare. Si può prenotare un tour tra le vigne con degustazione tutti i giorni, dal lunedì al sabato, dalle 9 alle 17.

Giornalista freelance dal 1998, per circa vent’anni ha scritto per le testate del gruppo Espresso La Repubblica e firmato articoli per i principali editori nazionali. Nel 2008 ha ideato Wine&TheCity, di cui è direttore creativo. Nel tempo libero continua a scrivere di viaggi, luoghi e storie singolari per Dove, Donna Moderna e altre testate.