Il 30 marzo si celebra l’International Day of Zero Waste, una giornata proclamata dall’ONU per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla riduzione dei rifiuti e la promozione di pratiche sostenibili.
In Italia, la cucina non è solo un piacere per il palato, ma anche un mezzo per riflettere su come ridurre l’impatto ambientale e valorizzare le risorse in modo intelligente. La tradizione gastronomica del nostro Paese sta evolvendo, adattandosi a un concetto che da tempo si fa strada: quello della cucina sostenibile, del recupero e dello zero waste. L’uso dei prodotti “di scarto” può essere una risorsa, ma servono tecnica e creatività.
A Ravello il ristorante una stella Michelin Il Flauto di Pan di Villa Cimbrone ha un sistema integrato altamente sostenibile. Lo chef Lorenzo Montoro attinge per sua cucina ad un orto biologico coltivato senza pesticidi e concimi chimici che fornisce l’80% dei vegetali utilizzati nei piatti, garantendo freschezza e una riduzione dell’impatto ambientale. I costanti lavori di manutenzione degli spazi verdi hanno consentito l’inserimento di un sistema di cisterne per il recupero delle acque piovane, impiegate per l’irrigazione di una parte dell’ampio giardino. Il compostaggio dei rifiuti organici di cucina riduce significativamente il volume dei rifiuti destinati a discarica e diventa prezioso nutrimento per i terrazzamenti coltivati anche a vite e frutteti.

A Senigallia, il ristorante La Madonnina del Pescatore, pur nella sua raffinatezza, si fa portavoce di un altro tipo di sostenibilità: quella legata agli ingredienti “di scarto”. Lo chef Moreno Cedroni ha dedicato un intero menu, chiamato “Le Spine”, all’utilizzo delle spine di pesce, spesso ignorate in cucina, trasformandole in piatti sorprendenti. È un esempio di come la cucina possa riscoprire il valore degli scarti e trasformarli in prelibatezze, un modo per ridurre lo spreco alimentare e celebrare la materia prima nella sua interezza.

Un altro esempio di impegno per la sostenibilità arriva dal ristorante ConTatto, situato a Castelli Romani, dove il concetto di “Kilometro sotto zero” viene portato avanti grazie alla particolarità di una grotta naturale che funge da ambiente di stagionatura per ingredienti come formaggi, salumi, funghi e anche riso. Il riso, proveniente da una varietà Carnaroli affinato in grotta, acquisisce un sapore unico, che viene esaltato in piatti come “La sostenibilità del riso”, dove vengono utilizzati ingredienti scartati o considerati di minor valore.

Lo chef Franco Aliberti ha fatto della lotta allo spreco una vera missione. Il suo libro “UNO: in cucina con un solo ingrediente”, propone un’idea semplice ma rivoluzionaria: cucinare utilizzando ogni parte di un solo vegetale. Dalla buccia al gambo, dalla foglia al seme, nulla va sprecato. Con 60 ricette antispreco dedicate a 20 ingredienti vegetali, tra cui carciofi, barbabietole, sedano rapa e finocchi, Aliberti dimostra che la sostenibilità non significa rinunciare al gusto, ma piuttosto scoprire nuovi modi di valorizzare le materie prime.
Anche a Napoli la filosofia della cucina sostenibile trova il suo spazio all’interno del Real Bosco di Capodimonte e più precisamente nel Giardino Torre: posto al margine nordorientale, in quella che un tempo fu la riserva di caccia dei Borbone, l’area nasce dal recupero architettonico e botanico dell’antico Giardino di Delizie del Re. Il sito oggi si presenta come un centro di educazione alimentare basato sui principi di biodiversità e sostenibilità.

Negli orti del Giardino Torre vengono coltivati infatti agrumi, frutta e ortaggi che, sempre freschi di giornata, arrivano direttamente nel bistrot e nella pizzeria del Casamento Torre dove ogni proposta rispetta due regole: stagionalità e filiera corta, entrambi principi di una perfetta dieta mediterranea. Ma non è tutto. In piena ottica zero waste parte dei prodotti coltivati negli appezzamenti del Giardino vengono anche impiegati per la produzione di marmellate di agrumi – arance, limoni e mandarini – confetture – di mela cotogna, mela annurca e fragola – ma anche passate di pomodoro e sottoli. Un modo intelligente di utilizzare tutta la produzione degli orti, senza sprechi, e per portare in tavola i sapori autentici della stagione anche nei mesi in cui gli ingredienti freschi non sono disponibili.
Infine, la trattoria ‘E Curti, a Sant’Anastasia che da tanti anni tramanda la cucina tradizionale vesuviana, si inserisce perfettamente in questo movimento di sostenibilità. Qui, Angelina Ceriello, custode delle ricette di famiglia, prepara piatti semplici e ricchi di storia, come il celebre “sicchio d’a munnezza”, un nome per nulla invitante ma che affonda le sue radici nelle usanze natalizie partenopee. Un piatto che veniva preparato con gli “avanzi” della ricca tavola dei giorni di festa, un modo per non sprecare nulla e valorizzare anche gli ingredienti più semplici. Gli ingredienti base, includevano pomodorini del Vesuvio, olive di Gaeta, noci, nocciole e frutta secca, tutti mescolati in un sugo ricco e saporito che trasformava gli avanzi in una prelibatezza. In un’ottica di cucina no waste, “o sicchio d’a munnezza” non è solo un piatto tradizionale, ma un esempio tangibile di come la creatività in cucina possa trasformare ogni scarto in un’opportunità gastronomica.


Napoletana nel cuore e cittadina del mondo per scelta, eterna sognatrice. Curiosa di tutto ciò che mi circonda, amo viaggiare, cucinare, ma soprattutto mangiare!