Intervista a Massimo Andrei
“Wine o’clock: 5 domande e 1 calice”
In coda al mese della passione e dell’ultimo freddo che ci traghetta verso la primavera incontro Massimo Andrei, autore e attore partenopeo tra i più eclettici del panorama nostrano, che dal teatro al piccolo e grande schermo si distingue per una peculiare affinità e moderna vocazione verso i linguaggi, le figure e le storie della Campania o del Sud.
Ciao Massimo,
Quindici minuti di relax e conversazione. Ti offro un calice di vino dall’ampia selezione Wine&TheCity: hai una preferenza di tipo o cantina?
Tra le mie preferenze ci sono i vini campani, non sono un assiduo bevitore, ma mi piace, e penso che un calice di buon vino riesca ad ammorbidere le sinapsi. Il Falerno del Massico di Villa Matilde mi piace molto, il blend di aglianico e piedirosso ha un gusto sorprendente, aromi, colore, terroir e soprattutto 2000 anni di storia che ci riportano alla Roma imperiale.
Andrei antropologo: sei un acuto studioso delle morfologie psicologiche ed emotive di ogni persona con cui ti relazioni, non solo per lavoro. Come questa tua innata indagine introspettiva rende più fluido il lavoro di scrittura e regia o quanto d’altro canto lo fa più complesso?
Sì, il dibattito antropologico è un mio interesse profondo e costante: dalla realtà più spicciola e comune come ad esempio l’arredamento etnico della sala dove attendo la visita del mio medico, come il quotidiano di una città come la nostra, gli eventi e gli incontri per strada. Attingo, anzi prelevo come un bancomat, qualunque elemento, episodio, carattere e dettaglio, trasponendolo dall’«altro lato» nei miei testi, nei dialoghi e le scene con accenti di volta in volta caricaturali o drammatici.
Annibale Ruccello, Carlo Giuffrè, Enzo Moscato, Manlio Santanelli, Peppe Barra, ma anche Vincenzo Salemme, Piero Chiambretti, Lunetta Savina, Gigi D’Alessio, Maria Pia Calzone o Cristina Donadio: sono solo alcuni dei nomi che hanno attraversato o influenzato la tua vita professionale e forgiato la tua carriera. Come ti definisci ad oggi?
Mi definisco un autore, attore. Oggi mi dedico meno a ruoli attoriali, nei quali interpretare il pensiero, il soggetto e la costruzione di un regista. Preferisco esprimermi in prima persona e scrivere storie pensate e cucite su luoghi, vicende e personaggi che scelgo di sviscerare e illuminare con la mia personale narrazione.
«Mater Natura», premio della Settimana Internazionale della Critica e del Pubblico a Venezia 2005: la tua opera prima tra ironico e drammatico ha precorso di un bel po’ di anni temi sociali che proprio in questo tempo chiedono attenzione e legislazione. Una tua considerazione a riguardo.
Sì, «Mater Natura» è un film completamente mio, che ho scritto e diretto quasi vent’anni fa. Parte dalla diversità e il riscatto sociale in chiave poetica, quasi lirica, ma i temi percorsi tra sarcastico e drammatico erano vari: il green, la fuga dalla gentrificazione, l’agricoltura (l’agri-futurismo, come l’ho definito), poi il rouge e la passione o ancora il noire, la prostituzione per strada, le trame di sfruttamento…Quella pellicola è stata una “summa anteriore” del mio iter professionale: tematiche messe tutte in campo allora e poi le ho adoperate e rianalizzate nel corso di questi anni. La verità dell’anima di personaggi che gridavano la loro diversità oggi è apparentemente più semplice, basti pensare a quanto vediamo nella musica, a Sanremo, nella moda o la politica e la cultura. Ma prestiamo sempre attenzione alle continue forme di discriminazione più e meno occultate, che siamo sempre propensi a utilizzare.
Sei sempre in viaggio lungo lo Stivale e lavori sempre su più fronti tra teatro, editoria, tv o radio: cosa stai preparando in questo momento?
Sono appena tornato da Trieste e proprio in queste ore sto ultimando il mio prossimo volume di “Cunti” in uscita per l’estate: la quarta di una raccolta di fiabe “antiche”, che parlano la nostra “lingua” e vivono nei nostri luoghi, come facevano i maestri Basile o De Simone. Sto preparando la regia di un grosso spettacolo teatrale, mentre ho appena terminato quella di una doppia serata per Rai Uno su Enrico Caruso e Sergio Bruni dal Trianon di Napoli. Siamo da sempre multi-tasking.
Ho saputo che sei un home-chef di tutto rispetto e un conoscitore sin da ragazzo della vinificazione. Attingendo alla tua memoria gustativa ed esperienza ai fornelli, quali sono i piatti nostrani o tradizionali che ritieni più decisamente votati all’abbinamento con un vino originale e profumato come questo Falerno?
Da buon partenopeo la mia preferenza va agli ortaggi e le verdure delle terre campane, i nostri latticini e caseari, i piatti storici più alleggeriti, non solo ragù e genovese, così come la preziosa cucina mediterranea: come hai accennato, sono cresciuto con un papà vinificatore e ho imparato così a riconoscere presto il gusto e gli aromi del vino. Un calice di Falerno o di Aglianico sono da sempre alla mia tavola e accompagnano i migliori momenti conviviali. Cin cin…