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Le interviste di Salvio Parisi: Paolo Lubrano

Wine o’ clock: 5 domande e 1 calice

Settembre: l’ospite “wine o’clock” del dopo vacanze è Paolo Lubrano, event-maker e produttore, esperto di comunicazione attraverso ogni media, partenopeo e “napoletanista”, ma soprattutto puteolano e portavoce dei Campi Flegrei, dove vive/lavora e di cui da decenni racconta storia passata e contemporanea, costruendo ponti di progresso, cultura e arte del bon vivre.

Ciao Paolo,
appena finite le ferie, rientro in città, ritorno agli impegni: quindici minuti per qualche riflessione insieme su percorsi professionali e passioni da tempo libero. Ti offro una flute di bollicine dall’enoteca Wine & The City: cosa preferisci.
Se ce l’hai ben fredda, stappiamo un’Altafila, l’Asprinio di Aversa spumante delle Cantine Diana dall’agro mondragonese.

Donna Sophia Loren: alla tua più celebre concittadina, che conosci da oltre vent’anni, hai dedicato in occasione dei suoi 70 anni di carriera “Portandomi dentro…”, un docu-racconto sulla vita puteolana della giovane Lella Scicolone fino ai grandi traguardi planetari della Loren, che in meno di un anno è già alla seconda ristampa.Cosa t’ha effettivamente ispirato a scrivere questa inedita biografia?
Il pretesto sono i 70 anni di carriera di Sophia: credo sia l’unica artista al mondo ad aver raggiunto questo traguardo, ma in realtà sotto sotto c’era l’intenzione di omaggiare uno strardinario luogo, i Campi Flegrei, e tutte le donne puteolane, che a mio avviso hanno i caratteri peculiari di questa terra, che nella Loren esplodono dirompenti. Ma anche la voglia di raccontare una storia universale attraverso la biografia di una ragazza semplice, cresciuta in una famiglia modesta in un paesello nel sud del mondo, che con impegno e determinazione riesce a conquistare il mondo.

La Copertina del libro “Portandomi dentro questa magia” di Paolo Lubrano

Parliamo del tuo “Premio Civitas”. In circa 30 anni hai prodotto altrettante edizioni di questo imponente evento flegreo che vanta un orgoglioso primato di longevità e soprattutto per lo spessore degli ospiti che hai premiato nel corso del trentennio: dalla cultura alla musica, dal teatro alla moda, senza trascurare scienza, sport, cinema, arte. Ci sveli un backstage inedito dal cassetto dei ricordi?
Il Civitas nasce nel 1991. Avevo trent’anni, ricordo che alla prima edizione i giornali reagirono con stupore e un po’ di diffidenza. Titoli come «il coraggio di accendere i riflettori sulla città ‘sgarrupata’, sul comune ‘fantasma’», perchè Pozzuoli alla fine degli anni Ottanta, era una città impoverita, stanca, in un’affannosa risalita dopo i danni del bradisismo, una città un po’ in abbandono, povera anche dal punto di vista culturale. Con il passare degli anni ha recuperato i colori, lo smalto e mi piace pensare che a questa rinascita abbia contribuito anche il Premio Civitas, realizzando un’operazione di city marketing senza precedenti. Aneddoti del backstage ne ho tanti, come quando Maria Schneider la sera prima, finite le prove, mi chiese di mangiare dopo mezzanotte delle alici fritte: ovviamente fu complicato trovarle. Oppure sempre il giorno prima della serata conclusiva, quando Lucio Dalla, seduto per terra nella vecchia darsena (completamente diversa da quella che è oggi) col mitico Cicciariello, storico pescatore puteolano, volle farsi mostrare come riparare le reti da pesca.  Ma ne ho un sacco d’altri. 

Tanti i grandi nomi insigniti del tuo eclettico riconoscimento. Ma tra tutti un posto e un’attenzione senz’altro speciali per Ezio Bosso. Il tuo personale ricordo?
In tanti anni che ho lavorato per il Civitas e con decine di celebrità del calibro di Lina Wertmuller, Josè Carreras, Lindsay Kemp, Catherine Deneuve, Tilda Swinton, Giancarlo Giannini, Maria Schneider, Le Cirque Du Soleil, Erika Lemay, Gérard Depardieu, quella con Ezio Bosso è stata l’esperienza lavorativa più emozionante della mia vita: dal punto di vista artistico, ma soprattutto dal punto di vista umano.  Quello di Pozzuoli fu il penultimo concerto di Ezio, l’ultimo qualche giorno dopo a Udine. Il giorno dopo scrisse di suo pugno questa poesia dedicata a Udine e Pozzuoli e me la inviò al telefono, felice come un bambino, perché a suo dire suonare nel Macellum era stata una emozione grandissima.

Le stanze sospese: Udine-Pozzuoli
Sospeso,
in una bellezza tra il sopra e il sotto, tra il cielo e la terra
senza mai toccare terra, é nella sua natura.
Sospeso,
tra un castello e un mercato, un Tempio e un colle,
perché quella terra non ha nord e sud o est e ovest.
La musica esiste nelle sospensioni.
Sospesi in un sogno, in un sorriso.
Un peso senza peso,
tra una mano di Dio e il profumo di un vulcano.
Tra ciò che nasce e l’eterno che perpetua.
Sospesi tra due mari,
tra la battigia e la risacca, nelle mani che mancano,
nelle stanze sospese e che sospendono.
Sospeso nel pezzo mancante,
sospeso nei colori.
Il mare sospende, fa tornare le gambe.
Sospesi in una felicità.
Sospesi in una attesa.
Sospesi in una danza.
Sospesi in un equilibrio.
E non toccherai più terra
come nella natura delle note o nei baci degli amori infiniti.
Sospesi in un tutt’uno.
Sospesi aldilà del tempo.
Perché l’amore sospende tutto, come un fratello.
I dolori dell’anima, o i dolori di un corpo.
E in quella musica ci siamo sospesi e abbiamo sospeso.
Grazie Udine, Grazie Pozzuoli: siete più vicine di quello che ci fanno credere.
No, it’s still not over
It’s never over.

Quella settimana resta una delle esperienze più belle, che porterò nel cuore per tutta la vita.

Viaggiare per passione e passione per i viaggi. Il tuo ultimo itinerario per vacanza e interesse geo-culturale.
Eh sì, credo che viaggiare sia il modo più bello di spendere tempo e danaro. Amplia gli orizzonti, riordina le idee, fa crescere e conoscere nuove culture. Negli ultimi tempi abbiamo capito che viaggiare non è solo partire per lunghi periodi e destinazioni lontane. La pandemia ci ha fatto rivalutare le belle storie da ascoltare dietro gli angoli delle strade meno affollate, nei piccoli musei, dentro i vecchi bar dei paesini remoti, nelle stanze delle case abitate da anni, nelle ricette tramandate e così via. Io amo riscoprire quello che a prima vista può sembrare usuale: piccole gallerie o i vecchi caffè letterari, i pub e le birrerie o le vinerie di nicchia, quelle antiche pasticcerie… ora è di moda, alcuni lo chiamano turismo ecosostenibile o responsabile. Negli ultimi anni preferisco vacanze on the road, per dirla con Kerouac: quest’anno ho attraversato l’Europa con gli amici di sempre in un van XL, tenendomi rigorosamente distante dai posti gremiti, ma con tappa d’obbligo alla Biennale in laguna.

Il legame col territorio si esprime molto anche a tavola: come mai prediligi un vino così di nicchia e con cosa lo assapori o lo abbini di preferenza?
Io sono un grande appassionato di cucina mediterranea e soprattutto marinara. Anzi, mi piace tutto quello che viene dal mare, in particolare crudi e crostacei: quindi il connubio con una bolla freschissima e spiccatamente verticale come l’Asprinio spumante Altafila è proprio ideale.

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