La morte di Oliviero Toscani ha suscitato in me un’ondata di ricordi legati alla mia adolescenza, le sue campagne pubblicitarie hanno lasciato evidentemente un’impronta indelebile nella mia formazione.
Non avevo manco dieci anni quando la campagna Jesus Jeans, che mostrava un primo piano di un fondoschiena in jeans corti al grido di “Non avrai altro jeans all’infuori di me”, faceva breccia nel mio emisfero cerebrale sinistro, sfidando convenzioni sociali e morali.
Molti anni dopo scoprirò che la coppia creativa di quel capolavoro di advertising era composta da Toscani come Art Director e da un altro pilastro dell’advertising italiano e mondiale: il copywriter Emanuele Pirella (di cui abbiamo già parlato in altre occasioni).
Ma sono le campagne per Benetton che hanno lasciato il segno: nel 1982, Toscani inizia a sfornare una serie di immagini che affrontavano temi come il razzismo, la religione e l’integrazione. All’epoca non riuscivo a capire lucidamente se la mia attenzione fosse attirata più dai toni provocatori delle immagini o dallo sconfinato genio creativo.
La rigida educazione religiosa, di matrice gesuita, in cui sono cresciuto, e il modo di pensare dell’epoca condizionavano fortemente il pensiero del ragazzino “casa e chiesa”. Ricordo le omelie in chiesa in cui venivano lanciati anatemi verso quei poster che tappezzavano l’Italia intera: un prete che baciava una suora con un french kiss, scandaloso!
Ricordo le domande che mi ponevo del perché una marca apparentemente frivola, famosa per le collezioni di maglioni colorati potesse fare una campagna di pubblicità ritraendo un palestinese ed un ebreo che si tengono per mano, o ancora di quanto fosse cruda l’immagine di tre cuori nella loro visione anatomica appartenenti a tre persone di etnie diverse.
Oggi questi temi sono di uso comune, in quegli anni – i primi anni Ottanta – erano senza alcun dubbio prorompenti. Oliviero Toscani, un visionario nel modo di fare advertising.
Sicuramente, come tutti i grandi artisti della storia, la sua fortuna è stata quella di trovare un imprenditore altrettanto visionario, quale Luciano Benetton, che ha sostenuto il suo genio creativo con ingenti budget, permettendo una diffusione capillare delle campagne in tutta Italia. Ma Benetton fu all’epoca un mecenate coraggioso, perché seppe cogliere il genio senza mai censurare il talento.
La morte di Toscani è come la perdita di un caro insegnante. Ha contribuito a indicare a me e atanti colleghi la strada da percorrere in questo fantastico mondo della comunicazione pubblicitaria.
Mi sforzo di individuare chi, dopo di lui, abbia potuto ereditarne lo scettro, ma non riesco a trovare creativi della stessa portata, se non quelli che lo hanno preceduto (come i miti della Madison Avenue) o alcuni dei suoi coetanei (vedi Armando Testa) che hanno vissuto quella che è stata la stagione d’oro dell’advertising italiano (anni Ottanta e Novanta).
Al netto del ricordo personale non si può non spendere qualche parola su Oliviero Toscani come fotografo e pubblicitario rivoluzionario, colui che ha ridefinito il modo in cui i messaggi commerciali si intrecciano con le tematiche sociali. Pur non essendo un fotografo mi permetto di rilevare come dal punto di vista “tecnico”, abbia introdotto una serie di sperimentazioni e innovazioni:
- uso della luce per enfatizzare i dettagli e creare atmosfere uniche;
- post produzione finalizzata alla manipolazione delle immagini per rafforzare l’efficacia comunicativa.
- uso sapiente del colore come elemento di riconoscibilità (es. il verde brillante di United Colors of Benetton).
Toscani ovviamente ha sempre avuto predilezione per la fotografia analogica ma non ha disdegnato la transizione al digitale, sfruttando le nuove tecnologie per amplificare il messaggio visivo.
Ma è con riferimento al mestiere che più conosco, quello del pubblicitario, che Toscani lascia una traccia indelebile. Sul concept visual il lavoro del Maestro si concentra sull’importanza dell’immagine forte, puntando sempre su immagini che catturano immediatamente l’attenzione, spesso attraverso l’uso di contrasti cromatici, composizioni pulite e soggetti iconici.
A questo si affianca l’uso del minimalismo visivo: focus sull’essenziale, eliminando il superfluo per concentrare l’attenzione sul messaggio centrale (bambini affamati, coppie miste, malati di AIDS).
In termini di strategia attraverso il Potere della Provocazione e della Comunicazione non convenzionale. Toscani usa immagini che sfidano tabù sociali, spingendo il pubblico a riflettere su questioni di rilevanza globale.
La scelta consapevole di rischiare la controversia per attirare attenzione mediatica.
Messaggio e tecnica in simbiosi: Toscani non si limita a creare immagini belle, ma lavora per rendere il messaggio indimenticabile attraverso un perfetto equilibrio tra estetica e contenuto.
Il tutto a stretto contatto con tecnici e grafici pubblicitari per garantire coerenza tra immagine e testo. Il suo stile lascia un’Eredità Tecnica incommensurabile, ha ispirato le generazioni successive di fotografi e creativi pubblicitari ad andare oltre i confini tecnici ed etici, ponendo al centro l’idea, superando i limiti tradizionali del marketing visivo.
Grazie, Maestro.
E’ professore di Marketing e Nuovi Media Corso di Laurea in “Culture Digitali e delle Comunicazione” Scienze Sociali – Federico II.
Pubblicitario e consulente di comunicazione firma ogni mese per Wine&Thecity la rubrica “L’ebbrezza creativa dell’Advertising” con la quale ci racconta storia e curiosità delle più interessanti pubblicità legate al mondo del food&wine.