I menu altimetrici di Matteo Maenza al Lefay Resort&Spa Dolomiti.
Il bosco come ispirazione e la montagna come nume tutelare. Nasce da qui l’esperienza Grual, il ristorante finedining del Lefay Resort&Spa Dolomiti di Pinzolo, nell’Alta Val Rendena, destinazione in sé per irriducibili bon vivant.
Grual è la montagna che si vede dal resort, capolavoro di architettura contemporanea, perfettamente integrata nel paesaggio. E alla montagna lo chef Matteo Maenza si è ispirato nel creare il suo menu “Altimetrico” suddiviso in tre altezze: Alta montagna, Alpeggio e Fondovalle. A ciascuna altimetria corrispondono sapori e materie prime, flora e fauna, proprie di quell’habitat. Ad alta quota ecco il cervo, il capriolo e il salmerino dei laghi alpini. L’Alpeggio ci porta la lepre, la trota, il sambuco. Scendendo verso valle ecco le rape rosse, le patate di montagna, i gamberi di fiume. Una ricerca appassionata, rigorosa che non lascia spazio al caso. Ecco la segale, il cereale per eccellenza della montagna. C’è il pino mugo e c’è la rosa canina. Ci sono i tuberi, la ricotta di alpeggio, le patate della Val di Gresta. La selezione dei fornitori è altrettanto accurata: sono produttori locali, piccoli artigiani, tanto biologico.
Territorio e stagionalità sono il mantra di Matteo Maenza che è nato al Sud, a Trani, classe 1984, ma ha viaggiato tanto e accumulato esperienze: con Alain Ducasse, Anne-Sophie Pic e Jean Francois Piége. Dal 2013 è l’Executive chef del gruppo Lefay e porta avanti la sua ricerca sul grande patrimonio di ingredienti e suggestioni del Trentino Alto Adige che traduce in una cucina contemporanea e creativa. <<Mi ispirano nuove idee e storie da raccontare ai nostri ospiti>>.
L’ambiente del ristorante concorre all’esperienza: un bosco incantato, colori caldi, tanto legno e una tonalità di verde che avvolge come un abbraccio. Verdi le poltroncine di velluto, verde più scuro le pareti su cui si stagliano sagome di alberi. Sulla tovaglia bianca è puntata la luce per portare gli occhi al piatto.
I percorsi di degustazione sono due: da 8 e 12 portate, rispettivamente Il Sentiero e La Cima (da 110 e 160 euro). Oppure si può scegliere à la carte. Imponente la carta dei vini. Il Sentiero di otto portate è un percorso già molto completo e ben racconta la filosofia dello chef: inizia con le “Patate di montagna, pesto della regina e ketchup di rosa canina” e a seguire come secondo antipasto il “Coregone marinato”, un piatto cult dello chef, presentato con una insalatina fresca di tuberi e latte al pino mugo. Gli gnocchi di rapa rossa, senza farina, solo vegetali, sono presentati in un morbido di ricotta d’alpeggio e tè Lapsang Souchong, un piatto di grande piacevolezza gustativa. Il risotto è con trota affumicata e cavolo riccio. Il Salmerino alpino è una sorpresa, con topinambur e limone, fresco, leggero, completo. Piatto importante è la Sella di capriolo, cardi, crosta di midollo e segale. A pulire il palato arriva un sorbetto ai mirtilli e spezie. Il dessert è un omaggio al bosco e un gioco di fantasia: un piccolo fungo che svela al palato castagne al ginepro, mandarino e gelato alla vaniglia.
Giornalista freelance dal 1998, per circa vent’anni ha scritto per le testate del gruppo Espresso La Repubblica e firmato articoli per i principali editori nazionali. Nel 2008 ha ideato Wine&TheCity, di cui è direttore creativo. Nel tempo libero continua a scrivere di viaggi, luoghi e storie singolari per Dove, Donna Moderna e altre testate.