Cominciamo dai titoli. Tutti confermati, i tre stelle italiani, e new entry nell’Empireo: Casa Perbellini ai 12 Apostoli. Giancarlo Perbellini è bravo, bravissimo. Ha fatto un lungo percorso e ha patito la delusione delle promesse disattese (ai tempi in cui la Michelin si era inventata “la promessa” per indicare i futuribili bi e tristellati). Ha tenuto duro negli alti e bassi della vita e della ristorazione. Con la sua mano leggera ma non banale, originale e legata al pensiero mediterraneo, impreziosita dalla cultura gastronomica di chi si è formato in Francia.
Un passo sotto il gradino più alto, i ristoranti bistellati, che nella nuova guida sono aumentati di due unità, mentre ben 33 sono i nuovi locali con stellina, con la Campania sugli scudi grazie a Volta del Fuenti a Vietri, Cetaria a Baronissi, O me o il mare a Gragnano e Marotta a Squille, nel casertano. In compenso, la Michelin ha punito sia I Tre Olivi di Paestum sia Palazzo Petrucci sul mare di Posillipo, declassati rispettivamente da due a una e da una a zero. Davvero un peccato, a fronte di un’offerta che non sembrava certo essersi ridotta di qualità nell’ultimo anno. Tra i duemila ristoranti citati nella nuova Rossa, spazio anche alle stelle verdi, che premiano i ristoranti capaci di dare una dimensione etica alla loro offerta in termini di eco compatibilità, ingredienti biologici, riciclo e riuso. Undici nuovi indirizzi, di cui due particolarmente meritevoli, seppure per motivi diversi.
Il primo si chiama Ronchi Ro, è nella campagna friuliana e a gestirlo è uno chef siriano, arrivato in Italia e capace di interpretare la cucina del Collio con la passione e l’etica che ha portato dal suo Paese tormentato. Bravissimo.
L’altra citazione riguarda il Don Alfonso.
Gli Iaccarino due anni fa hanno deciso di dare un’impronta ancora più ecologica e sostenibile alla loro struttura. Per un anno e mezzo, ristorante e camere sono stati rivoltati come un calzino, tra cappotti termici e vernici naturali, riutilizzo dell’acqua e ciclo dei rifiuti.
La riapertura, in primavera, ha consegnato ai clienti – che arrivano da tutto il mondo e se ne vanno con la sola voglia di tornare il prima possibile in costiera – un Don Alfonso ancora più bello e ospitale di prima. Una ritrovata freschezza che ha riguardato ovviamente anche la cucina, mai così squisitamente collegata al paradiso di Punta Campanella, dove vengono prodotti molti degli ingredienti utilizzati tra ristorante e prima colazione.
A fronte di tutto questo sforzo, è stata confermata una sola delle due stelle precedenti, a cui aggiungere la stella verde, benefica ma non conteggiabile con le altre. Un’ingiustizia palese, e per l’offerta e per il servizio. Non esiste locale monostellato in Italia che possa competere col Don Alfonso. Altra categoria, da tutti i punti di vista. Una svista che la Michelin, così attenta, affidabile e competente, avrebbe davvero dovuto risparmiarsi.
Licia Granello è torinese di nascita e napoletana per scelta di vita. Scrive libri e tifa Toro. Su Repubblica ha scritto a lungo di calcio e di cibo. Oggi collabora con Grande Cucina, Vanity Fair e Wine&TheCity