La pasta è una cosa seria e in Italia la sua preparazione è quasi un processo sacro.
Per questo Pasta Day abbiamo raccolto quattro paste imperdibili, preparate da altrettanti super chef. E no, al contrario di quanto si pensi per creare un buon piatto di pasta non è necessario abbinare prodotti insoliti. In queste portate la parola d’ordine è semplicità e la pasta è la vera protagonista.
Paccheri al pomodoro di Chicco Cerea
Può un piatto apparentemente così semplice diventare l’icona di un ristorante stellato? “Da Vittorio”, ristorante 3 Stelle Michelin vicino a Bergamo, è proprio così. Il primo è firmato da Chicco Cerea che lo propone da sempre. L’idea venne in mente a Vittorio Cerea – fondatore di un ristorante – quando alla moglie Bruna servirono in un ristorante italiano al Disneyland di Orlando, delle tagliatelle in bianco mantecate al tavolo. Tranne che per la mantecatura al tavolo, il piatto è stato sconvolto nel formato di pasta e nel colore. Per la sua corretta realizzazione il segreto sta nella scelta delle materie prime, in questo caso del pomodoro per creare il sugo. Per quest’ultimo si usano infatti 3 pomodori: San Marzano, datterini di Pachino e cuore di bue, a cui si aggiungono olio extravergine di olive, burro, Parmigiano e l’immancabile basilico.
Ravioli di ricotta, noci e aglio bruciato di Giuseppina Fischetti
Uno dei piatti cult di Oasis Sapori Antichi, oggi 1 Stella Michelin di Vallesaccarda nell’avellinese, è nato per sbaglio. Giuseppina Fischetti, fondatrice del ristorante, lasciò una padellata di pasta sul fornello e da lì nacque una salsa che dal 1988, anno di apertura di Oasis, viene utilizzata per preparare i Ravioli di ricotta, noci e aglio bruciato. Un nome un po’ improprio perché oggi l’aglio utilizzato per la preparazione del piatto – affidato alle sapiente mani dei figli e nipoti di Giuseppina -, non viene bruciato ma tostato a lungo, in modo che acquisti quasi il sapore del caramello. L’aglio viene poi mescolato alle noci, rigorosamente locali, e all’olio. Anche il ripieno dei ravioli è realizzato con ricotta vaccina locale e prezzemolo.
Busiate di Ciccio Sultano
A Ragusa Ibla, il ristorante Duomo dello chef stellato Ciccio Sultano, propone ai suoi commensali le Busiate, una pasta a forma di cavatappi fatta con il grano duro e originaria di Trapani, che si chiama così perché anticamente veniva arrotolata sui “busi”, i ferri da maglia. Per Sultano, si tratta di una pasta elegante ma robusta ed è solitamente servita accompagnata dal pesto trapanese a base di mandorle, basilico, aglio, pomodori, pecorino e un tocco di menta fresca. Al Duomo, però, le Busiate hanno quel tocco in più che le rende indimenticabili. La pasta dello chef, preparata in casa con antichi grani siciliani come tumminia e perciasacchi, viene aromatizzata con acqua di rose, finocchietto selvatico, zafferano e condita con un ragù di acciuga e sgombro. A completare il piatto, tonno rosso essiccato e grattugiato. Le busiate di Sultano sono della varietà lunga, tipiche della Sicilia occidentale e sono abbastanza difficili da mangiare: il pericolo di sporcarsi è dietro l’angolo!
Pasta al pesto “no-waste” di Massimo Bottura
La Pasta al pesto è forse uno dei piatti più rappresentativi della tradizione italiana. Nel suo libro “Bread is gold” Massimo Bottura racconta della sua esperienza al refettorio di Milano in un giorno in cui in frigo c’erano ben pochi ingredienti tra cui un vasetto di basilico, in quantità insufficiente per preparare un pesto. Per questo motivo il super chef tri-stellato decise di unire al basilico della menta assieme a delle briciole di pane al posto dei pinoli. Il basilico, frullato assieme a prezzemolo, menta, briciole di pane, aglio, 5 cubetti di ghiaccio – per evitare il sapore amaro e l’ossidazione -, olio e infine parmigiano, dà così vita a un pesto che non è alla genovese ma che è pensato per ridurre gli sprechi ed esaltare pochi ingredienti in un piatto semplice ma gustoso.
Napoletana classe 2000, studentessa e aspirante giornalista. Adoro scoprire le culture attraverso il cibo e da buon appartenente alla Gen Z non posso fare a meno di fotografare ciò che mangio!