Mancano meno di due mesi a Ischia Safari (15-17 settembre), con il suo incredibile carico di superchef che si riverseranno sull’isola da tutta Italia e pezzi di mondo, pronti a deliziare i palati dei fortunati (e previdenti, bisogna prenotare al più presto!) ospiti della rassegna.
La storia degli eventi gastronomici si divide equamente tra gli appuntamenti ideati per suggellare la leadership di un movimento – primo fra tutti, El Mejor de la Gastronomia a San Sebastian – e quelli nati per dare la spinta definitiva a una realtà in crescita (Festa a Vico). Se il successo di Ischia Safari attinge a entrambe le categorie, il merito è della successione generazionale dei cuochi ischitani.
Non un ricambio, piuttosto una sommatoria, che oggi fa di Ischia una meta gourmand a pieno titolo. Fa fede l’età dei suoi protagonisti. Nel dettaglio, Nino Di Costanzo, 52 anni, Pasquale Palamaro, 46, Emmanuel Di Liddo, 40 e Tommaso Luongo, 32.
Passano vent’anni tra il più vecchio e il più giovane, per altro cresciuto dietro i fornelli di Palamaro. Gli allievi di Di Costanzo, invece, si fan valere sulla costa di fronte, come dimostra Emanuele Petrosino, appena promosso alla guida delle cucine del Grand Hotel Vesuvio.
Con il suo mezzo secolo appena scavalcato, Di Costanzo è a tutti gli effetti il nume gastronomico dell’isola, figura di riferimento che un po’ ricorda – per etica e dedizione – quella di Alfonsod Iaccarino, di cui Di Costanzo è stato ammiratore adorante. Risultato: l’isola ha cominciato a formare e a esportare giovani cuochi assai talentuosi, dando il via a una sorta di scuola ischitana.
Nessun pericolo di ristoranti-fotocopia. Al contrario, le personalità sono ben distinte e le proposte gastronomiche altrettanto. Lo stesso Palamaro, il primo nella scia di Di Costanzo, si è affrancato da tempo da qualsivoglia rischio di emulazione. La sua cucina è identitaria, giocosa, declinata con destrezza, dispiegata in una location – l’affaccio sul mare dell’hotel Regina Isabella – da incanto assoluto.
Di Costanzo, per parte sua, ha trasformato la casa di famiglia in un paradiso zen, tra mille piante diverse, dove scoprire una cantina da urlo, una salumeria traboccante di delizie da godersi ai piccoli tavoli letteralmente affondati nel verde e il mirabile Danì Maison, con i suoi piatti sempre più affilati nel gusto, goduriosi ma netti, senza una sola molecola di troppo.
A scendere d’età, troviamo Emmanuel Di Liddo, ex cuocone restituito a una forma fisica invidiabile, chef del ristorante Fugà, sulla spiaggia del mirabolante stabilimento termale Negombo.
Dimagrire, e tanto, non è stato solo un fatto fisico. Dismessa la corazza tra sé e il mondo, Di Liddo ha affinato il suo percorso, oggi punteggiato di piatti golosi senza barocchismi e senza paura di non piacere. E poi c’è il trentenne Luongo, che la sua strada se l’è cucita addosso da tempo, scegliendo la via vegetariana e vegana. Non per sé – “Essere onnivoro mi aiuta a essere un cuoco più completo” – ma per il ristorante “Il Mirto”, all’interno del bellissimo relais Botania, interamente pensato in chiave green. Dall’orto biologico al “no waste”, passando per una sequela di piatti squisiti e sorprendenti, il ciclo è risultato tanto virtuoso da meritare la Stella verde Michelin.
Last but not least, Ivano Veccia, 43 anni e un milione di buone pizze nelle mani, che la scorsa settimana ha inaugurato insieme all’amico di sempre Nino e al designer venezian-campano Federico De Majo (ideatore dei bicchieri Zafferano e della lampada Poldina) un locale battezzato “Lisola”. Strepitoso affaccio sul mare di Forio, scelta di piatti tra brace, spiedo, pizza e cucina tradizionale. La supervisione di Di Costanzo ovviamente è garanzia di qualità a 360 gradi. E poi c’è ancora chi dubita che Ischia sia un’isola tutta da mangiare.
Licia Granello è torinese di nascita e napoletana per scelta di vita. Scrive libri e tifa Toro. Su Repubblica ha scritto a lungo di calcio e di cibo. Oggi collabora con Grande Cucina, Vanity Fair e Wine&TheCity
