Scritto da 10:24 Napoli, Non solo vino

Il modello Vico

Cinquantamila bocche e altrettanti palati. Pronti ad assaggiare, valutare, gustare bocconi golosi e vini non banali.

Difficile immaginare una platea di maggior ampiezza, varietà, interesse, a fronte della festa più importante e radicata dell’alta gastronomia italiana, celebrata la scorsa settimana in Costiera Sorrentina. Se poi assommiamo gli oltre 255.000 euro incassati direttamente dalle Onlus coinvolte – Festa a Vico si regge sugli sponsor – il cerchio non avrebbe potuto chiudersi in modo più virtuoso.

La storia della festa è indissolubilmente legata alla figura di Gennaro Esposito, cuocone con la grazia nelle mani e una cocciutaggine fuori misura, che lanciò l’evento ventun anni fa come serata di chiusura del congresso dei Jeunes Restaurateurs. Malgrado la bomba d’acqua capace di inzuppare l’intero allestimento (o forse proprio come sfida al meteo ingrato) la festa si fece comunque, diventando il punto di non ritorno per gli eventi a venire. 

Anno dopo anno, Festa a Vico si è riempita di contenuti. Non tutti splendidi, non tutti azzeccati. Allo stesso modo, simpatie e antipatie personali hanno condizionato inviti e partecipazioni, né potrebbe essere diversamente nella logica dell’uomo solo al comando. Però il modello funziona, caspita se funziona. Come da Dna napoletano, l’alto e il basso si inseguono senza soluzione di continuità, tra pregiate cene di gala e popolari banchi d’assaggio, degustazioni di vini iconici e primi affacci per giovani viticoltori, discussioni pubbliche e convivi ristretti, esibizioni di super chef e scoperta dei talenti che verranno. Il tutto, affondato nella quotidianità del paese, con annessi gli insanabili disagi logistici ma anche la vetrina straordinaria e internazionale.

Nota di merito ulteriore, il pensiero alto sul vino. Cucina&cantina sono spesso molto meno vicine di quanto sembri, vuoi per le personalità di chi le gestisce, vuoi per il momento non semplice in entrambi i settori. Bravi i tre Master of Wine italiani invitati a guidare le masterclass dedicate, che hanno illuminato il rapporto cibo-vino da angolazioni diverse e propositive. Confronti e nuove visioni confermate grazie al notevole pranzo realizzato alla Torre del Saracino da tredici super chef e rispettivi sommelier, intitolato “Un abbinamento a Vico”.

Poi c’è il pubblico, che riempie ogni spazio possibile. A volte in maniera morbida e rilassata – per esempio la sera de “Il cammino di Seiano”, accompagnato dalle musiche della valente Orchestra Filarmonica di Salerno – a volte in modo ossessivo-compulsivo, come nel “Dessert Storm” di fronte al mare di Seiano. Ma il tentativo di ridurre in modo intelligente e democratico la distanza tra alta ristorazione e i tanti che non se la possono permettere è comunque encomiabile e sancisce un irrimediabile spartiacque con le troppe feste a tendenza banal-popolare. Il tutto, in attesa di Vico 25 e dei nuovi coup de théâtre di quel geniale capoccione di Gennaro Esposito.

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