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Calabria: 5 cantine da visitare. Dalla Sila al Pollino

Piccolo itinerario ragionato (a puntate) tra le aziende della doc Terre di Cosenza: dimore di lusso ma anche strutture storiche, molti giovani imprenditori e qualche agricoltore vecchia maniera

Il territorio di Cosenza tra Cinque e Settecento era uno di quelli a maggiore vocazione di export vinicolo: il vino della cosiddetta Calabria Citra o Citeriore allietava le tavole di Bruges, piaceva ai grandi casati del nord Italia (Medici, Estensi e Gonzaga) ma anche ai papi —su tutti Paolo III e Pio IV, destinatario, secondo una fonte storica, di 1800 botti spedite da Cassano Ionio nel 1560. Sempre in quel secolo aureo che fu il ‘500, il principe Pietrantonio Sanseverino ospitò nel 1535 Carlo V il quale molto apprezzò il vino che – si favoleggia – zampillava dalle fontane del castello di San Mauro i cui resti imponenti sono ancora oggi visibili a Corigliano Calabro.

E sulla costa opposta? A Scalea si elencano vitigni autoctoni già nei registri di cancelleria di Federico II, mentre sempre nel XVI secolo il viaggiatore bolognese Leandro Alberti aveva eletto il mar Tirreno – lo stesso che inebriava con la sua salsedine il mitologico “Falerno” dei campani – zona elettiva del miglior nettare calabrese. Perché dai tempi di Plinioalle pagine Mario Soldati il vino calabrese è qualcosa di sospeso tra storia e letteratura, denominazioni e mescolanze: la Guarnaccia del Pollino è la Granazza di Nuoro, mentre il Greco di Bianco altro non sarebbe se non la Malvasia delle Lipari con diramazioni in tutto il bacino mediterraneo, da Ischia alla stessa Sardegna, dalla Croazia alla Grecia alle Baleari. Calabria come tappa intermedia tra il mondo ellenico e la terraferma, terra di migrazione dei tralci come da millenni e ancora oggi lo è dei popoli.

A proposito di meltin’ pot, il Magliocco – che da qualche anno vanta anche un’Accademia – pare sia figlio del Sangiovese e dello storico Mantonico, versatile e dalla Francia alla Croazia al Sud Italia «archetipico del Mediterraneo» per usare un’espressione cara a Matteo Gallello, under 40 guru del settore a dispetto della giovane età. Ma siccome quando si parla di Calabria c’è sempre la Magna Graecia sullo sfondo – oggi dà il nome al metodo classico per le bollicine –, lo stesso Mantonico riporterebbe al greco “mantèuo” (il termine “mantònikos” non esiste sul dizionario-bibbia Rocci), verbo che richiama la comunicazione della volontà divina, una radice che a sua volta potrebbe essere la stessa dell’isolotto di Mantineo sede di ancestrali vaticini da cui Giuseppe Berto fa risalire il toponimo Capo Vaticano.

Stiamo forse divagandoma ne possiamo uscire affermando che dopo questi fasti bi-millenari di vendemmie, mercati e incroci la Calabria ha vissuto un graduale impoverimento delle sue vigne fatto di espianti e abbandoni, un declino che ciclicamente riportò a una lenta rinascita sbocciata a metà del secolo scorso dopo il tempo dei vigneti falcidiati dalla fillossera, i contributi europei agli espianti e il caso metanolo nel 1986. In circa quattro decenni, chi un tempo era semplice conferitore si è affrancato, nuove aziende sono nate e altre ne sono rinate mentre il ricorso all’enologo non è diventata più una scelta snob o peggio naif ma quasi obbligata per ottimizzare il prodotto finale sfruttando al massimo le potenzialità della regione in termini di biodiversità e caratteristiche pedoclimatiche. Oggi la Calabria – tra il Cirò e i due distretti di Reggio e Cosenza che lo abbracciano da sud a nord – cerca di raccontarsi. Ecco un piccolo itinerario ragionato in alcune aziende delle 60 inserite nella doc Terre di Cosenza, che abbraccia 5 doc e 3 igt, oggi sottozone: dalla Sila al Pollino, tra dimore di lusso e strutture storiche, giovani imprenditori alla terza generazione e oltre ma anche vigneron vecchia maniera. [Spoiler: non potendo inserire tutte le aziende per non sfidare la soglia di attenzione del lettore abbiamo selezionato arbitrariamente 15 aziende, sapendo che non si tratta di una classifica definitiva ma di semplici segnalazioni, cui magari ne seguiranno altre…]

1 Magna Graecia A Grutta

1 – Magna Graecia (Spezzano Sila)
Vincenzo Granata, ingegnere, ha vissuto un anno a San Francisco e stava per fare il grande passo ma poi ha deciso di tornare in questo pezzetto di Presila dove dal suo punto vendita sulla statale Paola-Crotone alle vigne esposte a sud-est c’è un dislivello di oltre 300 metri. Vigne anche a Frascineto, ai piedi del Pollino nell’enclave arbereshe, e una vocazione sospesa tra autoctono e internazionalità: ne è un esempio il bianco di Pecorello e Chardonnay. Percentuali? «Non mi piace associare i numeri ai miei vini, mi sembra come mettere la didascalia a un quadro o spiegare la poesia con un grafico, come ne L’attimo fuggente…», sorride Granata, fresco di vittoria: alla 18esima edizione di Radici del Sudsecondo premio assoluto della giuria internazionale – categoria vini dolci, passiti, muffati – per il suo passito Zephiros Igp Calabria (Magliocco in purezza), ricevuto tra 140 aziende di 8 regioni italiane. Un B&b ricavato in una antica struttura all’interno della tenuta sarà presto il punto di partenza di un tour che toccherà i vigneti (dove c’è anche del Traminer), poi un antichissimo palmento con la sua vasca originale per la pigiatura e infine una degustazione in un posto davvero speciale. Vincenzo – la cui compagna ha un cognome che la dice lunga: Magliocco, come il vitigno principe della Calabria – rappresenta la quarta generazione di vignaioli e una traccia di questo passato glorioso è nella “grotta”, un antro nel cuore del paese: un tempo era il ritrovo basico simile a un dopolavoro dove stare in compagnia – e naturalmente bere i corposi rossi del secolo scorso, ospiti di una famiglia definita “i baruni” non per lignaggio bensì per prodiga ospitalità – oggi è un richiestissimo ed elegante ristorante con pochi coperti, muri di pietra nuda e cantinette al posto dei mobili. Il gusto della convivialità è rafforzata dalla totale assenza di linea: nella “grutta” niente cellulare! Info: www.magnagraeciavini.it

2 – Acroneo (Acri)
Passare dalla Magna Graecia in etichetta alle suggestioni magnogreche è davvero un attimo: Francesco Gabriele Bafaro è un combattivo under 40 laureato in archeologia classica nonché fondatore della cantina archeo-enologica Acroneo. La famiglia fa vino da più generazioni. «La produzione dell’archeo-vino Acroneo è frutto di uno studio accurato delle fonti letterarie, iconografiche e archeologiche. Ogni aspetto è curato nei minimi dettagli, per ricostruire il processo di vinificazione antico, si tratta di archeologia sperimentale – spiega Gabriele –. Il design delle anfore usate è unico, non si trova in commercio, perché frutto di mie personali ricerche, che fondono le caratteristiche delle anfore del passato, al fine di creare una forma che dia il massimo risultato, durante le fasi di fermentazione e affinamento del vino». L’utilizzo di antiche anfore vinarie gli permette di ripercorrere l’antico processo di vinificazione. Un calice di Arkon o Elektron «vi donerà la gioia di una serata tra amici, il calore familiare e il brivido della leggenda. La vera vocazione del vino Acroneo è di essere nato dal mito e consegnato alla modernità grazie alla riscoperta di tecniche ormai remote». Info: www.acroneo.it

3 – La Matina (San Marco Argentano)
Rimaniamo in ambito storico ma cambiamo ambientazione e soprattutto periodo. Anno 1065: è l’anno in cui nasce il complesso monumentale dell’abbazia di Santa Maria de La Matina (nome della contrada), donazione di Roberto il Guiscardo ai monaci benedettini e attualmente uno dei più raffinati esempi di architettura cistercense in Calabria, benché poco nota. Oggi l’azienda agricola di Michele Valentoni, che la gestisce con la moglie Judith Sandonato, si estende su un territorio di circa 100 ettari e oltre al vino (primo imbottigliamento nel 2019) è apprezzata per il suo olio evo (cultivar Roggianella) i suoi ortaggi come i cavolfiori e i peperoni “roggianesi”, prelibati se cucinati come i cruschi dell’area Pollino. Sapori immancabili per le degustazioni con visite in azienda su prenotazione per gruppi da dieci persone. Info: lamatina.it

4 – Azienda agricola Cundari (Figline Vegliaturo)
Piccola anzi piccolissima ma sentita digressione a sud: Eugenio Cundari è un vigneron nato a Detroit da genitori emigrati negli States per fare i ristoratori, vinifica in una zona ad altissima escursione termica, a Figline Vegliaturo (CS), ciononostante «mi sveglio ogni mattina alle 4,30». Più eroico di lui! E lo era ben prima che la parola diventasse di moda. Info: www.cantinecundari.it

5 – Antiche Vigne (Marzi-Rogliano)
Restiamo per un altro attimo in zona per un’estate – ma non solo – con vista sui vigneti della cantina Antiche Vigne di Gianfranco Pironti: buon cibo, relax a pochi minuti dal centro di Cosenza e naturalmente vino. Oltre al Savuto classico (rosso) e al bianco “Unico”, assolutamente da provare il bianco orange Igt “021” (Pecorello in purezza). L’azienda si estende su14 ettari nella Valle del Savuto fino a 800 metri sul livello del mare. Ora è tempo di risalire verso nord. Info: www.antichevigne.com

[continua]

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