Scritto da 12:43 Chilometri diVini, Viaggi

Chilometri diVini: alla scoperta del Barbacarlo, Oltrepò Pavese

Continua la nostra rubrica Chilometri diVini sui territori del vino a cura di Assunta Casiello, avvocato, sommelier e wine trotter. Con lei siamo andati nell’Oltrepò Pavese alla scoperta del Barbacarlo.

 

“Il vino deve sapere di vino” è in questa frase che è racchiusa tutta la filosofia e il credo di Lino Maga, proprietario della storica Azienda Barbacarlo, luogo di culto per appassionati enologici, nell’Oltrepò Pavese.
Classe 1931 e spirito combattivo ancora da vendere. Già, perché se esiste un fight club del vino, di certo Maga ne fa parte, e sale sul ring con ribelli come Bartolo Mascarello e citrici come Beppe Rinaldi, rispettivamente fascia destra e sinistra del barolo; o con ascetici della ribolla gialla come Josko Gravner, insomma con chi non solo ha fatto il vino, ma la storia stessa del vino.
E la storia per Maga parte nel 1958, anno in cui eredita quelle vigne nelle quali aveva iniziato a lavorare con suo padre sin da quando era solo un bambino: 4 ettari vitati a croatina, uva rara e ughetta (così chiamata localmente la vespolina) e che rappresentano la mixology perfetta di quello che oggi è diventato un vino mitologico: “Il Barbacarlo”.
Un nome che pare uscito da un fumetto, ma che in realtà è solo la traduzione, dal dialetto pavese, di “collina di zio Carlo”. Perché quella collina, Porrei, fu donata da Carlo Maga nel 1897 ai suoi nipoti, e zio nel pavesano si dice, appunto “barba”. Ma questo nome: “Barbacarlo”, nel tempo, è diventato per Lino, un tutt’uno: il nome della collina, il nome del suo vino, e soprattutto il nome del toponimo registrato come “Barbacarlo” nelle mappe catastali del Comune di Broni già dal 1886.
La storia
Ed è stato proprio in nome della sua terra e di quella collina che Lino è diventato il Don Chisciotte dell’Oltrepò Pavese. Epica è stata la sua lotta a difesa delle sue ragioni.
Nel 75, infatti, il Consorzio istituì una nuova sotto-denominazione nella DOC Oltrepo Pavese, chiamandola proprio “Barbacarlo” ed estendendola, però, non solo ai vigneti situati nell’omonima collina, ma a ben 45 comuni limitrofi. Fu così che grazie a quel decreto non era più solo Lino a potersi fregiare del nome “Barbacarlo” per il suo vino, ma anche tanti piccoli produttori i cui vigneti però erano distanti anni luci da quella collina.
Lino non ci sta e all’alba di quell’anno decise di compiere il suo primo atto di giustizia impugnando al Tar del Lazio quel decreto che “pretendeva” di omologare dei territori che non potevano essere omologati: il suolo tufaceo di quella collina, le sue esposizioni a sud est, le altitudini, tutte condizioni che regalavano vini dalle caratteristiche organolettiche uniche e che nessuno dei 45 comuni limitrofi avrebbe potuto eguagliare.
Ci sono voluti oltre 20 anni, ma finalmente nel 2014 il Consiglio di Stato ha riconosciuto definitivamente il diritto esclusivo per Lino Maga di utilizzare la sotto – denominazione Barbacarlo in etichetta.
Non è stata una lotta contro i mulini a vento, ma ardua ed estenuante è stata la vittoria. E così, grazie a Lino, oggi, anche in Italia, abbiamo un caso di cru monopole tanto caro ai francesi: in un solo nome una vigna, un vino, un unico produttore.

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Il Presente
E se questo è stato il suo passato, il suo presente continua, comunque, a fare storia. Oggi gli ettari sono diventati dieci, ed è Giuseppe, suo figlio, che continua il lavoro di Lino, in un vigneto diviso in una moltitudine di micro-parcelle che pare perdersi e a vista d’occhio nei boschi dell’Oltrepò: filari che crescono tra alberi da frutto e melograni. Ma come in passato così è ora: nessun diserbante, nessun concime, solo la naturale prosecuzione del ciclo vegetativo che si sussegue di anno in anno.

Poche parole saranno, invece, sufficienti per descrivere la cantina e quanto mai esplicativa per capire il perché è proprio una frase dello stesso Maga “il vino lo fa la terra e il sudore dell’uomo”. E allora, ben poco spazio, potrebbe essere lasciato per spiegare cosa succede in questo antro creativo di mistifica realtà. Vendemmie tardive in vigna e poi pigiature immediate, affidando la fermentazione ai soli lieviti indigeni (quelli propri dell’uva). Poi il passaggio in grandi botti di legno completamente esauste e che, dunque, nulla apportano al vino né in termini aromatici né di sapore, ma fungono da meri contenitori. Lì il suo vino invecchia, e lì rimane tra travasi che seguono le fasi lunari e decantazioni. E rigorosamente l’autunno successivo alla vendemmia, è già in bottiglia. È così, secondo Maga, che il Barbacarlo può durare venti e anche trenta e quarant’anni. Non c’è l’ombra di filtrazione nei suoi vini, ma il risultato, di qualsiasi annata si tratti, sarà sempre e comunque uno: un vino genuino.

La degustazione: Barbacarlo 1994

 

Non c’è alcun’ aria di decadenza in questo millesimo se non l’autorevolezza di un vivido colore granato tenue, che mostra integro la sua salubrità. E se nel colore non si tratta di decadenza, di decadentismo, invece, si tratta, nel suo olfatto. In quella eccezione della Treccani, forse distorta dai tempi reali, ovverosia in quella “estrema maturazione di una cultura, preziosa per la molteplicità e la raffinatezza dei suoi innesti” e che in questo calice si moltiplica in odori selvatici, di chinotto, balsamici tutti intrisi nella raffinatezza degli stessi. Un monito e un consiglio: tutto questo si rivela all’analisi del degustatore dopo una paziente e meditata attesa dalla sua apertura, dopo aver superato il preconcetto di un petillant (carbonica) che in ogni caso diventa quasi evanescente, ma come è lo stesso Maga a dire: “Non scrivere vivace, mosso o frizzante! Sono cose composte e negative. Usa brioso o spumeggiante, al limite effervescente, come la Traviata”. https://www.aislombardia.it/viniplus/interviste-e-protagonisti/lino-maga-pane-salame-e-barbacarlo.htm 23 gennaio 2009 – scritto da Alessandro Franceschini in Interviste e protagonisti
Un sorso austero graffia la papilla che quasi è confusa: ad un tratto pare un barolo. Tensione acida e sapidità modulano una beva tanto intensa quanto persistente. Vino carismatico.

Barbacarlo 2002

 

La 2002 rappresenta l’ultima annata prodotta all’interno della Denominazione. Dal 2003, infatti, il Barbacarlo è uscito definitivamente dalla DOC ed è diventato un “comune” vino da tavola. Peccato che proprio la 2003, quella bocciata dalla commissione del disciplinare, sia stata, invece, lautamente premiata, dal grande Gino Veronelli con l’ultimo sole nella sua illustre guida http://www.seminarioveronelli.com/guida-veronelli-i-premi/
Ma la 2002 si è contraddistinta anche sotto altro versante: se è stata l’ultima annata a rimanere nella Doc è stata poi anche la prima bottiglia a non riportare più sul retro etichetta tutti quei precisi e minuziosi dati che Lino amava scrivere, dal PH all’acidità totale, alla solforosa alla percentuale di zuccheri residui. Oggi, purtroppo, la normativa lo vieta e Lino non può più essere “sincero” col consumatore. Ci penseranno direttamente i suoi vini a garantire questa sincerità.
In ogni caso la 2002 è’ stata un’annata difficile, e il calice lo conferma: ancora austero è il suo tannino che non pare aver intenzione di cedere la scena, eppure se ci si arma di curiosità, dietro a quella patina si celano note piccanti di spezie e di animali che tanto al naso ritornano poi anche in retronasale dove esplodono sentori di mirto e ginepro. Nonostante i suoi 18 anni, il vino è ancora un fanciullino, dotato di una potenza straordinaria, a tratti indomabile. Ma avrà un posto di rilievo nelle verticali storiche dei prossimi anni. Firma a divenire un vino che potrà essere epico.
***
Termina la degustazione tra parole che paiono essere non realmente satisfattive quando si parla di Lino Maga e del suo Barbacarlo. Di un uomo che ha “servito” Presidenti della Repubblica, Cardinali e Papi. Sandro Pertini era solito chiamarlo, Luigi Veronelli e Gianni Brera i suoi più grandi sostenitori. Di lui si è scritto e si continuerà a scrivere, il suo Barbacarlo, invece, continuerà a far parlar di sé senza che ci sia neppure bisogno di scrivere qualcosa.

Bibliografia correlata:
Lino Maga anzi Maga Lino, Il Signor Barbacarlo di Valerio Bergamini
Vini e Vinili, 33 giri di rosso, Arcana editore
Effervescenze di Massimo Zanichelli

 

(Assunta Casiello)

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